Interventi

Con una telefonata mi comunicherai sinteticamente il disagio che stai attraversando, e fisseremo la data di un primo appuntamento. Questo primo incontro sarà importante: l’idea d’incontrare uno psicologo potrebbe generare in te, contemporaneamente, un po’ di sollievo ma anche un certo quantitativo d’ansia. Noi cercheremo di affrontarlo nel modo più sereno possibile, soprattutto perché non si darà nulla per scontato. Ci conosceremo e cercheremo innanzitutto di capire se la nostra collaborazione sarà possibile, se sarà proficua per te e per la tua condizione.
Io valuterò se posso esserti utile oppure no, se è consigliabile per te intraprendere un percorso di psicoterapia con me, o se invece è opportuno indirizzarti verso qualche altro tipo di approccio, psicoterapeutico o di altro genere.
Tu racconterai qualcosa di te, a cominciare dalle questioni più urgenti, ma soprattutto nell’osservarmi e nell’ascoltarmi, cercherai di fare attenzione alle sensazioni che provi (accoglienza, comprensione, fiducia) perché queste sensazioni ci accompagneranno per tutto il percorso e saranno parte integrante del lavoro che faremo insieme. E’ utile, anzi necessario, che tu ti senta a tuo agio, predisposto ad un atteggiamento di spontaneità e sincerità.

Il percorso terapeutico avrà durata e frequenza variabili, cioè personalizzate in relazione alla complessità delle problematiche che porterai, ma anche in ragione delle risorse – di tempo, economiche, emotive – che tu avrai a disposizione per impegnarti attivamente nel processo di cura.
Il lavoro terapeutico si fa sempre insieme, attraverso un rapporto terapeuta-cliente costruito in modo solidale ed equilibrato: poiché io terapeuta sono certamente l’esperto del “come” (sintomi, funzionamento della psiche, tecniche e strumenti per facilitare il processo di guarigione), tu cliente sei però l’esperto del “cosa”, cioè della tua vita, della tua storia, dei tuoi desideri, paure, emozioni, disturbi.
Il percorso può avere una prima fase più intensa (una seduta a settimana o ogni 15 giorni) e poi diradarsi progressivamente.

Dovremo forse affrontare ambiti diversi, più complessi e interconnessi, della tua esperienza di vita, oppure ci concentreremo su singoli problemi, con un trattamento più mirato, riservandoci poi la possibilità di condurre verifiche periodiche a distanza di tempo. Se si rivelerà utile, valuteremo la possibilità di integrare al percorso individuale, la partecipazione ad attività di piccolo gruppo, cioè occasioni di confronto e condivisione con gli altri.

Prova a leggere l’elenco che ti fornisco di seguito, e verifica se i tuoi problemi si rispecchiano in una, o più d’una, di queste descrizioni. Sono brevi presentazioni di alcune delle sintomatologie e disturbi che tratto, ovvero ambiti in cui io posso intervenire e molto probabilmente esserti utile:

Attacchi di panico – Crisi acute e improvvise di intensa angoscia e disagio, in cui si presentano, raggiungendo il picco nell’arco di 10 minti, alcuni sintomi di elevata intensità (senso di soffocamento, tachicardia, dolore al petto, tremori, sudorazione, nausea o disturbi addominali, senso di sbandamento o di svenimento, sensazione di irrealtà o di essere staccati da se stessi, paura di perdere il controllo o di impazzire, paura di morire, sensazione di torpore o formicolio, brividi o vampate di calore).

Agorafobia – Paura di uscire di casa da soli, o di trovarsi in spazi aperti, o in mezzo ad una folla (ad esempio in un supermercato), associata o meno ad attacchi di panico.

Ansia anticipatoria – Preoccupazione intensa riguardo alla possibilità che in futuro insorgano attacchi di panico (paura di aver paura), o altri eventi temuti.

Ansia da esami – Preoccupazione intensa in vista di esami da affrontare, prove da superare, associata alla paura di non farcela, di non essere all’altezza della situazione e all’impossibilità di controllarne l’esito.

Ansia da separazione o timore dell’abbandono – Difficoltà a restare a casa da soli, difficoltà a lasciare luoghi considerati sicuri, terrore all’idea di far qualcosa per conto proprio, o di doversi allontanare anche temporaneamente dal partner, dai figli o dai genitori. La sintomatologia si aggrava qualora ci sia una minaccia reale di rottura di questi legami (trasferimenti, nuovi legami, morte), che possono anche scatenare attacchi di panico.

Fobia sociale – Paura di “fare brutta figura”, di apparire ridicoli e sentirsi umiliati. Può manifestarsi come paura di parlare in pubblico, partecipare ad eventi, mangiare con estranei, scrivere davanti ad altre persone, entrare in un negozio, per il timore di rimanere imbarazzati. Può portare a rinunciare ad alcune situazioni sociali pur desiderabili ma fortemente temute.

Nikefobia – E’ la paura di vincere, di avere successo. Può sembrare inspiegabile che esita questo tipo di fobia, in realtà è molto frequente, e non solo fra gli sportivi. I l successo comporta responsabilità, maggior visibilità ed esposizione allo sguardo degli altri, e questo può essere fonte
di un profondo e spesso inconsapevole disagio (paura dell’invidia, timore di infrangere alcune gerarchie consolidate, paura di deludere le figure significative), per cui la performance viene rinviata, o ci si blocca ripetutamente ad ogni occasione di svolta, innescando una serie di insuccessi che fanno dubitare di se stessi e delle proprie capacità.

Disturbo d’ansia generalizzato – Condizione perdurante di ansia ed umore preoccupato in modo irrealistico ed eccessivo (aspettativa apprensiva), con un “pensiero fisso” su alcune circostanze di vita (salute/sicurezza propria e delle persone care, condizioni economiche, ma anche questioni di secondaria importanza). Ciò si traduce in un’incapacità generale di rilassarsi, tensione motoria (irrequietezza, tremori, tensione muscolare), e uno stato di attivazione eccessivo (irritabilità o “nervi tesi”, alterazioni del sonno, difficoltà a concentrarsi).

Fobia specifica – Paura irrazionale per un oggetto o situazione specifica (ad esempio, prendere l’aereo o l’ascensore, sottoporsi ad iniezioni, vedere il sangue, trovarsi in luoghi chiusi o in presenza di certi animali o insetti). Chi ne soffre tende ad evitare la situazione temuta o a sopportarla con ansia e disagio intensi.

Disturbo ossessivo-compulsivo – Idee, immagini, ruminazioni, impulsi, pensieri ossessivi, o azioni intrusive e ricorrenti, dette “compulsioni” (ad esempio, lavarsi le mani, riordinare, controllare, contare), che la persona si sente obbligata a compiere in risposta ad un’ossessione, o secondo regole che devono essere rigidamente applicate (rituali).

Disturbo da accumulo – E’ una condizione caratterizzata dall’accumulo continuativo di beni, acquistati o raccolti, e dalla successiva incapacità di eliminarli dai propri spazi vitali (casa, auto, ufficio, ecc.). Nel tempo questo determina il progressivo ingombro di tutte le aree disponibili, provocando l’impossibilità di svolgere le normali attività quotidiane, con spiacevoli effetti sulla persona ed i suoi familiari.

Dismorfofobia – Preoccupazione non realistica che qualche parte del corpo sia deforme. L’attenzione si concentra su di un difetto fisico immaginario, o di lieve entità (le rughe o la forma del naso), provocando “fissazione” e sofferenza.

Ipocondria – Preoccupazione di avere o contrarre una grave malattia non diagnosticata. L’alto livello di ansia riguardante la salute induce comportamenti correlati, come controllare ripetutamente il proprio corpo cercando segni di malattia, o fare ricerche intensive di informazioni sulla malattia che si teme di avere (su internet). La persona può servirsi frequentemente dell’assistenza medica, o al contrario evitare visite, test diagnostici e ospedali. (Nella classificazione del DSM-5, a seconda che vi sia o meno la presenza di sintomi somatici, ci si
riferisce al Disturbo da sintomi somatici o al Disturbo da ansia di malattia).

Disturbo affettivo stagionale – Alcune persone sperimentano un serio cambiamento d’umore al variare delle stagioni: prevalentemente, la sintomatologia ha inizio durante l’autunno, raggiunge la massima intensità durante la stagione invernale e si risolve all’inizio della primavera. Nella “forma estiva”, invece, gli episodi depressivi si presentano all’inizio della stagione primaverile, raggiungono l’acme nel periodo estivo e si risolvono con il ritorno dell’autunno. I sintomi piùcomuni sono umore depresso, disturbi del sonno, alterazioni dell’appetito, stanchezza mentale e fisica, mancanza di energie, difficoltà di concentrazione, generale senso di confusione, irritabilità.

Disturbi legati al ciclo mestruale – La donna attraversa fasi diverse nell’arco della vita (infanzia, pubertà, menarca, gravidanza, climaterio, post-menopausa), e ogni mese durante il periodo fertile (fase mestruale, pre-ovulatoria, ovulatoria, premestruale). Queste variazioni possono essere vissute serenamente e con pienezza, o essere accompagnate da disturbi o sintomi fisici e psicologici (ad es. sindrome pre-mestruale, disturbo disforico premestruale, sintomi depressivi in perimenopausa).

Disturbi del comportamento alimentare – I principali sono l’anoressia nervosa e la bulimia nervosa. L’anoressia è una condizione grave, caratterizzata da un’immagine corporea disturbata e da gravi limitazioni dietetiche autoimposte (con o senza abbuffate o condotte di eliminazione del cibo); la bulimia nervosa (dal greco “fame da bue”) è caratterizzata da episodi incontrollati, compulsivi di assunzione di grandi quantità di cibo in un breve periodo di tempo, seguiti da vomito autoindotto, uso di lassativi o digiuno, ed esercizio fisico eccessivo per compensare le conseguenze della perdita di controllo.

Depressione – Sensazioni di tristezza, solitudine, disperazione, bassa autostima e auto riprovazione, che possono essere accompagnate da rallentamento psicomotorio, o talvolta agitazione, ritiro dei contatti interpersonali, alterazioni del sonno e dell’appetito. Questo stato può essere o meno scatenato da un evento individuabile (lutto, trauma, perdita affettiva, chiusura di una fase della vita).

Disturbi del sonno – L’insonnia si verifica quando si percepisce il proprio sonno come insufficiente o insoddisfacente. Possiamo distinguere l’insonnia iniziale (fatica ad addormentarsi), centrale (frequenti risvegli durante la notte) e tardiva (risveglio mattutino precoce). L’insonnia fa parte delle dissonnie, un gruppo di disturbi del sonno dovuti ad alterazioni di ritmo, quantità e qualità del sonno, così come le apnee notturne e le ipersonnie. Un altro gruppo di disturbi del sonno è quello delle parasonnie: sonnambulismo, il sonniloquio (parlare durante il sonno), gli incubi, l’enuresi (minzione involontaria), il bruxismo (digrignare i denti).

Disturbi sessuali – Comprendono disturbi del desiderio sessuale (calo o assenza di desiderio), disturbi dell’eccitamento sessuale (negli uomini si esprime con difficoltà erettile, in assenza di cause organiche). Disturbi dell’orgasmo, eiaculazione precoce, disturbi da dolore sessuale, ansia da prestazione.

Disturbi di personalità – La personalità può essere descritta come la configurazione caratteristica di una persona, che porta di solito a rispondere in modo stabile e prevedibile nella vita ordinaria. Quando i tratti di personalità sono rigidi e disfunzionali, e causano un disagio personale, sociale e lavorativo, clinicamente significativo, possono sfociare in un disturbo di personalità.

I disturbi di personalità sono raccolti in 3 gruppi in base ad analogie descrittive. Gli individui appartenenti al gruppo A appaiono stravaganti o eccentrici (disturbo paranoide, schizoide e schizotipico di personalità). Il gruppo B include i disturbi antisociale, borderline, istrionico e narcisistico di personalità. Gli individui con questi disturbi spesso appaiono drammatici, emotivi o imprevedibili. Infine, gli individui classificati nel gruppo C appaiono ansiosi o timorosi (disturbo di personalità evitante, dipendente e ossessivo-compulsivo).

Dipendenze comportamentali – Shopping compulsivo, dipendenza da lavoro (work-addiction), dipendenza affettiva, dipendenza dal mangiar sano (ortoressia) e/o da fitness (vigoressia), dipendenza da sesso e/o pornografia, dipendenza da tecnologia (internet, telefono cellulare, videogiochi, social network).

Problematiche esistenziali – Mancanza di senso, difficoltà nell’individuare il proprio progetto di vita, bassa autostima, crisi in determinate fasi della vita.

Difficoltà relazionali ed affettive – Dinamiche relazionali frustranti e problematiche (isolamento, conflittualità familiare, crisi di coppia, rapporti sociali insoddisfacenti), difficoltà nella comunicazione efficace, mancanza di assertività (es. incapacità di dire di “No”).

Disagio lavorativo – Particolari condizioni riguardanti la situazione professionale (disoccupazione, precariato, retribuzione insoddisfacente, richieste eccessive, orari inaccettabili, mobbing), che possono generare stati di malessere, come ansia, esaurimento, panico, pessimismo, somatizzazioni (emicrania, sudorazione, insonnia, disturbi gastrointestinali) e reazioni comportamentali (assenteismo, perdita di motivazione, distacco emotivo, ridotta creatività), con ovvie ripercussioni sulla vita privata (familiare, di coppia).

Malattie psicosomatiche – Benché la maggior parte dei disturbi fisici sia influenzata da fattori psicologici (stress, conflitti, difficoltà a manifestare le proprie emozioni), alcuni disturbi lo sono in modo frequente (es. cefalea muscolo tensiva o emicranica, cervicalgia, bruxismo, ipertensione, sindrome da colon irritabile, colite, ulcere gastriche, psoriasi, dermatiti, alopecia, allergie, obesità, osteoartrite …). Nell’ottica gestaltica la malattia viene letta come linguaggio del corpo, ovvero come messaggio di un disagio, che va soggettivato: se ne coglie un senso utile per quello specifico individuo in cui il disagio si è presentato.

Può darsi che tu ti sia ritrovato in alcune di queste descrizioni. Se ti può consolare anch’io, durante gli anni dell’università, studiando mi riconoscevo in numerosissime condizioni patologiche… Ero sana? Non lo ero più? Forse non lo ero mai stata? Solo con il tempo ho imparato a conoscere meglio ciascuna di queste manifestazioni, ho cominciato a comprenderle, in alcuni casi ho dovuto affrontarle fino in fondo e risolverle, ma certamente non ho cercato di curare ogni singolo sintomo che riscontravo in me. Perché molte di quelle manifestazioni erano parti significative di me, parti intime e profonde che mi configuravano e mi rispecchiavano con onestà: ho imparato a convivere con esse, sono riuscita ad educarle e a farle maturare, e proprio in alcune di esse ho poi scoperto le risorse necessarie per affrontare casi inaspettati della vita. Il punto è questo, è soprattutto questo: non solo sapere come intervenire, ma innanzitutto sapere se e quando farlo. Banale dirlo, ma sacrosanto: ogni persona è unica, con i suoi pregi e i suoi difetti, con i suoi talenti e le sue passioni, con le sue inibizioni e con i suoi slanci. La perfezione non esiste, se non come un’idea pura a cui possiamo solo desiderare di avvicinarci. La completezza, la piena realizzazione, la sanità non sono approdi definitivi, per nessuno; a un certo punto sfuggono, e ci costringono a migliorarci ancora un po’ per raggiungerli di nuovo. Diffido sempre di quelle persone che scelgono di mostrare unicamente la loro felicità; tendo a vedere camuffamenti, strati sottili di maschere sovrapposte l’una sull’altra. Piuttosto, so bene che tutti abbiamo le nostre sfide personali, le nostre difficoltà e le nostre malattie; se vivremo abbastanza a lungo, tutti invecchieremo, perderemo persone care, avremo successi e conosceremo fallimenti. L’importante è cercare di mantenersi in equilibrio, lavorare sull’equilibrio, sull’ordine da dare ai tasselli del nostro mosaico. Ben sapendo che l’aver rischiato, l’aver sbagliato e sbagliato di nuovo, l’aver imparato a perdonare e a perdonarsi, l’aver semplicemente resistito, e tanto altro ancora, sono tasselli, tutti ugualmente necessari, di questo mosaico che è la nostra storia, il racconto di noi stessi al mondo.

ISTANTI
Se potessi vivere di nuovo la mia vita.
Nella prossima cercherei di commettere più errori.
Non cercherei di essere
così perfetto, mi rilasserei di più.
Sarei più sciocco di quanto non lo sia già stato,
di fatto prenderei ben poche cose sul serio.
Sarei meno igienico, correrei più rischi,
farei più viaggi, contemplerei più tramonti,
salirei più montagne, nuoterei in più fiumi.
Andrei in più luoghi dove mai sono stato,
mangerei più gelati e meno fave,
avrei più problemi reali e meno immaginari.
Io fui uno di quelli che vissero ogni minuto
della loro vita sensatamente e con profitto;
certo ho avuto momenti di allegria, ma se potessi tornare indietro,
cercherei di avere soltanto buoni momenti.
Perché, se non lo sapete, di questo è fatta la vita,
solo di momenti: non perderti l’adesso.
Io ero uno di quelli che mai andavano da nessuna parte senza un termometro,
una borsa dell’acqua calda, un ombrello e un paracadute;
se potessi tornare a vivere, vivrei più leggero.
Se potessi tornare a vivere
comincerei ad andare scalzo all’inizio della primavera
e continuerei così sino alla fine dell’autunno.
Farei più giri in calesse, guarderei più albe
e giocherei con più bambini,
se mi trovassi di nuovo la vita davanti.
Ma vedete, ho 85 anni e so che sto morendo.
Jorge Luis Borges

Prima ancora che lo faccia io, o qualunque altro specialista a cui penserai di rivolgerti, deciderai tu se tu hai bisogno di aiuto. La ricerca volontaria di aiuto dovrà scaturire da un reale malessere, da una sofferenza implacabile, da un senso di intrappolamento o di blocco persistente che si oppone davvero al tentativo di condurre un’esistenza soddisfacente. Oppure, come spesso fa, sarà la vita a porti di fronte a prove da affrontare, che possono diventare l’occasione per superare alcune barriere, limitazioni che fino a quel momento erano tutto sommato tollerabili e che nemmeno sentivamo di avere.

In conclusione, sto cercando di dirti che si può convivere con alcune delle situazioni sopra descritte, e non è sempre necessario “guarire” tutte le nostre stranezze, correggere le nostre idiosincrasie caratteriali, affrontare impavidamente una dopo l’altra tutte le nostre paure. E’ però auspicabile saper individuare il momento in cui la situazione è diventata insostenibile, troppo dolorosa e invalidante. E’ quello il momento giusto per ammettere che “da solo non ce la faccio”, che “non ce la faccio più”, che è giunta l’ora di servirsi di risorse esterne adeguate. Una delle quali è la psicoterapia.